Ottobre 24, 2022

Sottogoverno, ressa (o rissa?) per meno di 40 posti: totonomi, il Salvini “rinato” e lo scontro fratricida in Forza Italia

Obiettivo dei pontieri è chiudere le trattative entro il fine settimana. Auguri. Perché se formare la squadra di ministri si è rivelata per Giorgia Meloni impresa a dir poco problematica, chi partecipa attivamente alle trattative per la composizione del cosiddetto “sottogoverno” assicura che “a confronto la vicenda Ronzulli è stata una passeggiata di salute“.

Per averne contezza basta in effetti venire a conoscenza che non c’è accordo neppure su quante siano le caselle da occupare con viceministri e sottosegretari. La legge dice che l’esecutivo non può essere composto da un numero superiore a 65 esponenti; essendo fino ad oggi occupate 25 caselle l’aritmetica suggerirebbe la disponibilità di 40 posti da smistare. Ma da via della Scrofa, nuovo centro di gravità (chissà quanto) permanente della politica italiana lasciano intendere che Meloni potrebbe decidere di tenersi del margine per delle deleghe da attribuire in futuro. Tradotto: meno posti, più ressa (se non rissa).

Chi spinge per entrare nel sottogoverno; lo screenshot della chat leghista; la guerra fratricida in Forza Italia e le richieste esplicite di Berlusconi

Chi sta vivendo un momento di ritrovata serenità è Matteo Salvini. Il Capitano, grazie alle frizioni tra Berlusconi e Meloni, ha ottenuto per la delegazione leghista al governo uno spazio superiore alle attese. Ma non per questo ha intenzione di rinunciare ad ottenere almeno una decina di nomi per il sottogoverno. Quasi certo del posto da viceministro alle Infrastrutture per Edoardo Rixi, non a caso messo oggi in vetrina dalla comunicazione del Carroccio insieme a Matteo Salvini nell’incontro con l’Ammiraglio Nicola Carlone, comandante generale della Guardia Costiera. Sottotesto? Il Capitano sta marcando il territorio: vuole tornare ad occuparsi (insieme ai suoi uomini) di migranti e ha messo nel mirino la delega ai porti. Sempre in quota Lega il nome forte delle ultime ore è quello di Benedetta Fiorini: fonti accreditate descrivono come molto concreta l’ipotesi che l’ex deputata possa essere chiamata a fornire il suo contributo (per lei si parla di Agricoltura, Mise o Turismo) nella squadra in via di composizione.

Altri indiziati di un posto nel sottogoverno? L’ex viceministro Garavaglia, e poi Molteni all’Interno, Freni al Mef, Durigon al Lavoro, Borgonzoni alla Cultura, e forse Minardo (incerta la sistemazione), che potrebbe essere così “risarcito” per il passo indietro fatto in Sicilia a favore di Schifani. Di sicuro c’è che Salvini è in questa fase ottimista come non gli capitava da anni. Prova ne sia la denominazione con cui la comunicazione leghista ha preso ad indicarlo. Indizio: nome e cognome non bastano (segue screenshot dalla chat Whatsapp del Carroccio). Di contro è Forza Italia il partito in cui va di gran moda in queste ore il fuoco amico.

Oggi sono già due i messaggi simili: non più “Salvini. No, il vicepremier e ministro delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibili, Matteo Salvini

Soltanto su una cosa i berlusconiani sono d’accordo: “Questa volta non accetteremo veti da Giorgia Meloni“. Il caso Ronzulli ha fatto scuola, così gli azzurri mettono le mani avanti. Dalle parti di Arcore si ragiona ad esempio su un fatto: il partito è andato fortissimo al Sud, ma il Meridione al governo è sottorappresentato. Che si rimedi, allora, con dei sottosegretari. Il lucano Giuseppe Moles

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