Febbraio 17, 2023

Conferenza di Monaco, un anno dopo

Volodymyr Zelensky è un uomo profondamente diverso da quello che un anno fa, alla Conferenza di Monaco sulla sicurezza, tentò l’ultimo coup de théâtre prima di arrendersi alla realtà della guerra. Il cambiamento è sotto gli occhi di tutti, non solo nell’aspetto. In Baviera si presentò in leggero sovrappeso, inappuntabile in giacca e cravatta, la barba assente, falciata da una perfetta rasatura contropelo.

Oggi non c’è occasione in cui metta da parte la sua mimetica, ha la barba incolta, il viso scavato dalle occhiaie, persino un timbro di voce più roco. Né può più permettersi di ignorare i consigli degli americani, i timori di chi gli suggeriva di non lasciare l’Ucraina sprovvista di una guida neanche per poche ore, con i russi ammassati al confine, temendo che non avrebbe più potuto farvi ritorno. Tutto superato dalla cronaca, diventato Storia.

La guerra è realtà quotidiana da un anno ininterrotto. Zelensky la vede ogni giorno. Noi la vediamo in Zelensky.

Chissà cosa proverà aprendo i lavori – stavolta in video – della Conferenza sulla politica estera e sulla sicurezza più importante al mondo. Un anno fa chiese aiuto, azioni concrete, ma gonfiò il petto. Promise che l’Ucraina avrebbe difeso la sua terra “con o senza il sostegno dei partner. Che ci diano centinaia di armi moderne o cinquemila elmetti“. Non mentiva. Oggi tornerà a domandare fatti, non parole, così come fece all’epoca, quando ancora erano in pochi a credere che gli alert dell’intelligence potessero tradursi in realtà, che davvero il mondo fosse sul punto di cambiare per sempre.

Il cancelliere tedesco Scholz, ad esempio, riferendosi agli USA senza citarli, disse che “chiunque” avesse fatto “pronostici” sulla possibile invasione russa era “affetto da hybris“. La storia ha raccontato altro: Washington, semplicemente, sapeva ciò che una parte degli europei aveva rifiutato di vedere. Fra costoro non può essere incluso Ben Wallace, il segretario alla Difesa del Regno Unito che una settimana prima denunciò di aver annusato nell’aria “profumo di Monaco“, intesa non come la Conferenza odierna, ma come quella in cui nel 1938 il primo ministro inglese, Neville Chamberlain, firmò insieme al francese Édouard Daladier, e ad Adolf Hitler Benito Mussolini, in rappresentanza di Germania e Italia, l’accordo per trasferire i Sudeti sotto il controllo tedesco. Fu la mossa che fece pronunciare a Winston Churchill la famosa frase: “Potevano scegliere fra il disonore e la guerra. Hanno scelto il disonore e avranno la guerra“.

Di certo più aderente alla realtà fu il commento di Jens Stoltenberg, il segretario generale NATO che rispetto all’attività dei russi si disse “estremamente preoccupato” perché “continuano ad ammassare” truppe, “a prepararsi“.

Un anno dopo a ritrovarsi sono vecchi e nuovi protagonisti della scena mondiale, decine di capi di stato e di governo, ministri di Oriente e Occidente (l’Italia sarà rappresentata da Antonio Tajani, vista l’impossibilità di partecipare di Giorgia Meloni, alle prese con una brutta influenza), Nord e Sud del mondo.

Oggi sarà il giorno di Zelensky, di Macron e Scholz. Ma anche quello della premier estone Kaja Kallas, dello stesso Ben Wallace (occhio al suo nome come prossimo segretario generale NATO, ne riparleremo), del primo ministro polacco Morawiecki. Per la prima volta in 20 anni sarà assente una rappresentanza della Federazione Russa. Il presidente della Conferenza di Monaco, Cristoph Heusgen, per 12 anni consigliere per la politica estera e di sicurezza di Angela Merkel, l’ha messa giù così: “Non daremo loro una piattaforma per la loro propaganda“.

Il Blog seguirà in diretta i momenti più importanti della Conferenza.

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