Giugno 25, 2023

Retroscena (e futuro) di un’insurrezione. Gli USA e i timori di un “collasso russo”. Per Putin e Prigozhin destini intrecciati

Nella saga de Il Trono di Spade, Tyrion della Casa Lannister stringe un accordo con Bronn il mercenario: dovesse mai qualcuno provare a convincerti con moneta sonante della necessità di uccidermi, tu vieni da me. Qui, sempre, troverai il doppio della prima offerta. Per anni, almeno fino a ieri, il rapporto tra Vladimir Putin ed Evgenij Prigozhin è stato più o meno questo. Ma quando la posta sale a dismisura arriva un punto in cui offrire il doppio non è forse più possibile, perché tutto ciò che si è sempre sognato appare a portata di mano. E allora, con cosa rilanciare?

I misteri dell’abortita marcia su Mosca promessa e poi dismessa dall’orco di San Pietroburgo sono ancora tanti, troppi. Né vi è garanzia del fatto che presto o tardi verranno svelati. Ma per cercare di comprendere la serie di incredibili eventi andati in scena nelle ultime ore occorre necessariamente portare indietro le lancette di molti mesi.

Siamo nel novembre del 2022 quando una fonte di intelligence statunitense ammette alla CNN l’esistenza di uno scenario da “House of Cards, ma al Cremlino“, una situazione in cui “tutti si pugnalano alle spalle“. Eppure risale già ad un mese prima, all’ottobre dello stesso anno, l’incontro che forse cambia irrimediabilmente il rapporto fra Evegenij Prigozhin e Vladimir Putin.

In un faccia a faccia con pochi precedenti in quanto a clima registrato e consapevolezza dei rapporti di forza in essere, il capo del Wagner osa lamentare in presenza del presidente la cattiva gestione della guerra in Ucraina. Pardon, dell’Operazione Militare Speciale. Al più celebre concittadino rinfaccia la lunga catena di errori andati in scena sul campo di battaglia, e i torti a suo dire subiti per mano della leadership militare. Ma ciò che è più importante è il lusso che Prigozhin si concede, ai più vietato: dire la verità al presidente, anche quella che Vladimir Vladimirovich non vuole sentire.

Se può arrivare a tanto è in ragione dell’importanza che Putin stesso negli anni gli ha conferito. Sempre maggiori oneri, sempre maggiori onori. Errore macroscopico, chissà se esiziale, potenzialmente in grado di causare la fine dell’impero. Ma dal dissenso arrogante all’ammutinamento in piena regola intercorrono diverse gradazioni di malcontento.

È opinione diffusa che il precipitare degli eventi abbia inizio irrimediabilmente il 10 giugno. È il giorno in cui il Ministero della Difesa russo ordina che i reggimenti di volontari firmino contratti di esclusiva con il governo. Nessuno nomina espressamente il Wagner, ma è chiaro il tentativo di inglobare il Gruppo all’interno delle Forze Armate, così sottraendo a Prigozhin la propria creatura. E le sue leve di potere.

All’incirca cinque giorni dopo, l’America apprende che Prigozhin, quelle famose sfumature di sopportazione, le ha già esplorate tutte. La Casa Bianca viene informata d’urgenza dagli 007 che il capo dei mercenari sta pianificando un’azione armata contro l’establishment della difesa russa. Lo stesso Putin viene messo al corrente della minaccia rappresentata da Prigozhin dai suoi agenti. Almeno a ridosso dell’ammutinamento. È forse pure per questo che Washington non si capacita che la reazione di Putin e degli apparati a lui fedeli sia così lenta e macchinosa da far aumentare, di ora in ora, le possibilità di successo della ribellione.

Il presidente Biden, a quel punto, rinvia la sua partenza per Camp David. Mark Milley, capo di stato maggiore dell’Esercito americano, annulla un viaggio da tempo programmato in Israele. E anche il Consigliere della Sicurezza Nazionale, Jake Sullivan, rinvia la sua missione in Europa. Occorre riunire il “consiglio di guerra”. E il fatto che vi sia, fra gli altri, il direttore della CIA, Bill Burns, è l’indicatore che restituisce il grado di delicatezza della materia trattata.

Messa dinanzi all’ipotesi concreta di una “guerra civile” in Russia, la postura assunta da Washington è improntata alla prudenza. I soldati Wagner sono inferiori per numero, ma nettamente superiori per professionalità e competenze rispetto alla stragrande maggioranza dei componenti l’esercito regolare di Mosca. E poi ci si interroga sul perché di una mossa così azzardata. Restano sul tavolo due ipotesi: <…

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