Novembre 18, 2023

Milei e una notte

Il 2 aprile del 1982, quando il generale Leopoldo Galtieri si affaccia dal balcone della Casa Rosada di Buenos Aires per sfidare la signora Thatcher e l’America – “Se vogliono venire, che vengano!” – Javier Milei ha solo 11 anni, ma il sangue già abbastanza caldo.

Suo padre, Norberto Milei, chiare origini italiane, è seduto in poltrona come milioni di argentini. Lui quello scatto d’orgoglio lo approva. Vuole che il Sol de Mayo cucito sulla bandiera risplenda pure sulle Falkland. Pardon, sulle “Malvinas“, come le chiamano da quelle parti. Eh, benissimo, ma ci sarebbe un problema: gli inglesi?

Gli inglesi non verranno, scommette Galtieri. Non si spingeranno così lontano da casa, non rischieranno senza adeguate coperture per quella che Ronald Reagan definisce una “sperduta terra ghiacciata” nell’Atlantico. Piccolo spoiler: Galtieri sbaglia.

Quando Margaret Thatcher convoca il suo Primo Lord del Mare, Sir Henry Leach, è lui, su esplicita richiesta del primo ministro inglese, a garantire: “Le Falkland? Sì, possiamo riprendercele. E dobbiamo». Non tutti a Downing Street sono convinti che il gioco valga la candela. Ma Leach non ha ancora finito il suo intervento: “Perché se non lo facciamo, in pochi mesi vivremo in un Paese diverso, la cui parola non conterà nulla“.

A questo dialogo, ovviamente, il piccolo Javier Milei non assiste, ma c’è un motivo se per i compagni di classe lui è “el Loco“, il pazzo. Quello principale è che difficilmente, prima di agire o di parlare, pesa sulla bilancia i pro e i contro. Eppure stavolta c’è da capirlo. Non è normale che suo padre, un gigante di un metro e novanta abituato a dargliele un giorno sì e l’altro pure, lo pesti in cucina per la sola colpa d’aver sfidato la folla in estasi di Buenos Aires. “Questa è una pazzia“, pronostica il giovane Javier, e gli inglesi ci faranno il c*lo!“.

Sarà la Storia a dire che Javier ha maledettamente ragione. Ma nell’immediato ciò che conta sono le botte che prende in cucina, i segni che gli lasciano sul corpo e nella mente, come le offese che papà Norberto è solito rivolgergli ogni giorno al solo scopo di ricordargli, per farla breve, che “sei una schifezza“.

Menomale che c’è Karina. Se lui è “el Loco“, il pazzo, sua sorella è “el Jefe“, il capo. Per descriverne l’importanza, Javier arriva a scomodare figure bibliche: “Mosè fu un grande leader”, spiega, “ma non un grande divulgatore. Dio mandò suo fratello Aronne per comunicare. Io sono per Karina ciò che Aronne fu per Mosè“. È il suo modo per dire che “se lei non ci fosse, niente di tutto questo ci sarebbe“.

E cos’è tutto questo? Cosa, di preciso, Javier?

Per esempio la possibilità concreta di salire le scale di quella Casa Rosada vista tante volte in tv, compreso quel giorno d’aprile del 1982, di affacciarsi dallo stesso balcone di Leopoldo Galtieri e di essere lui, stavolta, ad indicare la rotta alla gente di Buenos Aires e all’Argentina. E pure a suo padre.

Cos’è questo, se non un sogno? Forse una locura.

Milei, il portiere nel Paese di Maradona. Il viaggio in America per clonare Conan, il cane morto. I colloqui tramite medium. Le parole di suo padre oggi. L’ultimo bagno di foll(i)a a Cordoba

Che milioni di connazionali ne siano innamorati è un dato certo. I politologi impazziscono da mesi: sovrappongono i sondaggi d’opinione ai consensi del suo movimento. E no, non tutti i suoi elettori la pensano come Milei. Ma lo vogliono, lo vogliono comunque, e disperatamente. Credono davvero (o almeno così dicono) al potere liberatorio della sua motosega, alla promessa che basterà la sua volontà per dare un taglio agli sprechi e alla corruzione. E poi sì, va bene, sarà anche “loco” ma “quelli sani di mente non hanno fatto nulla“. Cos’avremo mai da perdere?

Download on the App Store

Scarica l'app ufficiale su App Store

Lascia un commento