Dicembre 20, 2023

Conte, Meloni e la partita del Giurì d’onore: rumours (maliziosi) nella Lega. I tempi, la via d’uscita e il possibile unicum nella storia della Repubblica. Parla il prof. Curreri

A chi dai banchi della maggioranza tenta oggi di liquidare la questione con un’alzata di spalle, i colleghi M5s oppongono una risposta sdegnata: “Guarda che Conte se l’è studiata bene, e Fontana ha le mani legate!.

Il Giurì d’onore deve essere ancora costituito, ma è un fatto che da due giorni a questa parte i deputati pentastellati sianto tutti giuristi: la sentenza, per loro, è già stata emanata.

E nella nebbia che avvolge la materia, ad illuminarli è un unico faro: la rassicurazione che Conte ha ribadito a molti di loro tra una telefonata di congratulazioni e l’altra per la prova fornita nella conferenza stampa (“Come ai vecchi tempi, presidente!“) in cui ha dichiarato guerra a Giorgia Meloni.Quale rassicurazione? Semplice: che la sua richiesta, dal punto di vista politico e formale, sia pressoché inattaccabile.

Non è un caso, allora, che nella missiva indirizzata al presidente della Camera abbia posto l’accento sul fatto che “la sequela di accuse” rivoltagli dal premier sul MES vada “ben oltre la normale dialettica parlamentare“. Un modo per chiarire: nessuno pensi di chiudere la questione a tarallucci e vino.

Eppure sono in pochi, oggi, a nutrire certezze su ciò che verrà. Lo show alla Camera dei Deputati ha di certo avuto l’effetto di aumentare il morale della truppa grillina, con picchi di esaltazione che pure nelle chat interne non si registravano dai giorni della cacciata di Mario Draghi. Ma dal momento in cui la richiesta di istituzione di un giurì d’onore è stata presentata, per quanto i precedenti non manchino, si è entrati in un territorio per certi versi inesplorato, come vedremo.

Per saperne di più, il Blog ha contattato un grande esperto della materia, il prof. Salvatore Curreri, docente di Diritto costituzionale e pubblico comparato presso l’Università di Enna “Kore”.

È lui a chiarire come l’ultima parola sulla proposta di Conte spetti al presidente della Camera. Sarà dunque Lorenzo Fontana, e lui soltanto, a giudicare “insindacabilmente, in sede di ammissibilità, se sulla base dei precedenti, sussistano i presupposti richiesti dal regolamento” per la costituzione del Giurì d’onore invocato da Conte, “e cioè che un deputato sia accusato di fatti (e non semplici opinioni) che ledano la sua onorabilità“.

Si inseriscono in queso senso gli indicibili rumours – ma il Blog è qui per questo – provenienti in queste ore dal campo della Lega, partito di cui Fontana (è bene ricordarlo) continua a far parte, anche da presidente della Camera.

I rumours nella Lega. La composizione del giurì d’onore. I tempi per il responso. La via d’uscita per Meloni. E il possibile unicum nella storia della Repubblica

Sì, perchè nessuno lo ammetterà mai pubblicamente, neanche sotto tortura, ma non sono in pochi, nel Carroccio, ad augurarsi che il presidente leghista Fontana sia per così dire “ligio” ai regolamenti. L’apertura di un procedimento simile, spiegano, potrebbe provocare non pochi imbarazzi al presidente Meloni. A maggior ragione se Conte riuscisse nell’impresa (complicata) di spuntarla in fase di giudizio.

Ma vediamo di capirci: dovesse Fontana accettare la richiesta dell’avvocato, a chi spetterebbe la sentenza finale? Parola al prof. Curreri: “Alla Camera, la Commissione d’indagine – detta gergalmente giurì d’onore – è composta in numero dispari (tre o cinque) in modo da pervenire ad una decisione, evitando la parità. I membri sono scelti dal Presidente di solito tra i più anziani e autorevoli, badando ovviamente ad inserire esponenti che non siano tutti della parte politica dell’accusatore e dell’accusato.

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