Gennaio 5, 2024

Kim e la Grande Sorella. Viaggio nei segreti di Pyongyang. L’ipotesi di una “reggenza”, il futuro della dinastia e le minacce per il mondo

Una fitta nebbia avvolge l’aeroporto internazionale di Incheon. Ma la mattina del 9 febbraio 2018, in Corea del Sud, non c’è dubbio sul fatto che l’esile figura femminile circondata da ansiose guardie del corpo riuscirà a farsi notare.

Trascorre quasi un’ora prima che la “Dolce Principessa” si decida a scendere dall’Ilyushin-62 di epoca sovietica che l’ha resa prima discendente della dinastia del Monte Paektu dai tempi di suo nonno, Kim Il-sung, a mettere piede sul suolo della repubblica sorella e allo stesso tempo nemica. Eppure l’attesa è già stata ripagata. Basta guardare il suo volto per essere sazi. Il sorriso da Gioconda ammalia i presenti, come gli spettatori da casa. Cosa pensa Kim Yo Jong mentre sfoggia il suo portamento imperiale?

Edizioni straordinarie dei tg accompagnano la passeggiata nello scalo, ma sono solo sottofondo. Il mento è alto, lo sguardo fiero, il sangue decisamente blu. Sarà pure propaganda, ma per la prima volta si ha come la sensazione che la narrazione che ammanta la famiglia reale non sia mera invenzione. La giovane donna del Nord è lì, portatrice di un messaggio che appare di pace, che sa di Storia. Davvero la sorella del Dittatore sta solo recitando la sua parte?

Non sembrano domandarselo i rappresentanti di Seul, ben felici di accoglierla nella saletta VIP dell’aeroporto. Il protocollo suggerisce loro di offrire la seduta centrale al novantenne capo-delegazione Kim Yong Nam. Ma il rappresentante di Pyongyang sa bene che non c’è ruolo ufficiale che tenga: non è lui la persona più importante in quella stanza.

Così l’anziano presidente dell’Assemblea Popolare Suprema fa un passo di lato. Ora indica a Kim Yo Jong la poltrona principale. Eppure la sorella del “Caro Leader” non si sposta di un millimetro. Continua a sorridere, certo, ma respinge l’invito: che sia l’uomo ad accomodarsi.

C’è chi ipotizza un gesto di grande cortesia: “Com’è ben educata, questa Principessa“, pensano in molti. Ma sono sempre i dettagli a fare la differenza. L’obiettivo delle telecamere si sofferma sulla mano di Kim Yo Jong: è visibilmente tesa.

Nel movimento non c’è rispetto per l’età dell’accompagnatore. In quel caso avrebbe unito entrambe le mani a mo’ di coppa, come da tradizione asiatica. Ecco, dietro il sorriso di scena la perentorietà di un ordine da eseguire. Qualche frazione di secondo e Kim Yong Nam prende posto al centro. Nessuno può sfidare la “Grande Sorella“.

I pochi dissidenti abbastanza coraggiosi da trovare il coraggio per parlare del regime una volta riusciti nell’impresa di oltrepassare il confine, raccontano dello stato di terrore vissuto al di là del 38° parallelo. In particolare alla presenza della Principessa. Che si tratti di alti ufficiali, uomini d’esperienza o persone comuni poco cambia: saggezza impone di distogliere lo sguardo, fissare il pavimento, trattenere il respiro, al passaggio della donna più potente di Corea. Pena il rischio di irritarne gli umori, di incappare nelle relative conseguenze: basta un attimo per cadere in disgrazia, per incontrare la morte.

Anche questo particolare riflette l’ascesa di Kim Yo Jong, al pari del fratello detentrice del diritto divino di togliere la vita. Macabro privilegio spettante a pochi eletti. Esecuzioni negli stadi o impiccagioni, crudeli torture o assassinii compiuti col favore delle tenebre: a mutare può essere la forma, non il fatto che la parola della Principessa sia divenuta legge, sentenza inappellabile, seconda solo ai voleri del numero Uno.

Nelle cancellerie internazionali chiamate a fare i conti con la retorica incendiaria di Pyongyang, l’illusione è svanita da tempo: non sarà Kim Yo Jong a mitigare i bellicosi impulsi del Dittatore. Dal vertice del cruciale Dipartimento di Propaganda e Agitazione della nazione, la giovane Vice ha mostrato aggressività e malsano desiderio di passare alle vie di fatto se possibile maggiori rispetto a quelle sfoggiate dal fratello. A conferma che il valore tenuto più in conto nei ranghi della Royal Family di Pyongyang è la compattezza, requisito imprescindibile per la sopravvivenza.

Viaggio nei segreti di Pyongyang. Gli aneddoti sul viaggio in treno di 69 ore verso Hanoi. L’ipotesi di una “reggenza”. Il futuro del regime. La minaccia per il Sud. Il vero grande obiettivo di Kim

Ma l’isolamente autoimposto dal regime complica non poco i tentativi di penetrarne i reali pensieri, le recondite intenzioni. Proprio nelle scorse ore, l’intelligence di Seul ha indicato nella figlia di Kim, la piccola Kim Ju-ae, la più probabile erede al trono della Corea del Nord. La sua frequente presenza in occasione di parate militari, le numerose visite ai siti di lancio missilistici, sarebbero indizio della volontà paterna di iniziarla alla vita politica, abituando il popolo all’idea di un passaggio di consegne che avrebbe come esito l’ascesa al vertice di una figura femminile. Caso più unico che raro nella dinastia di impronta fortemente patriarcarle dei Kim.

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