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Gennaio 13, 2024

Elezioni Taiwan: i candidati, gli ultimi sondaggi, il sistema elettorale. L’Isola che ancora c’è – RISULTATI IN DIRETTA

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Erano avvocati, intellettuali, attivisti. Ma si finsero dentisti in riunione per prenotare la sala da ballo del Grand Hotel Taipei, dove la Storia era in attesa. In quel lontano giorno del 1986, il Partito Democratico Progressista colse di sorpresa il regime autoritario al governo di Taiwan. Ma quasi quarant’anni dopo la generazione di allora si chiede se le conquiste democratiche tanto faticosamente ottenute saranno messe a repentaglio dalle elezioni presidenziali cui tutto il mondo guarda con attenzione. Saranno le elezioni di oggi a strigliare l’Isola ribelle?

I CANDIDATI

PARTITO DEMOCRATICO PROGRESSISTA (DPP) – Il leader è Lai Ching-te, anche noto a queste latitudini come William Lai. È l’attuale vicepresidente, il nemico giurato della Cina, l’uomo per cui l’Occidente fa spudoratamente il tifo. Per lungo tempo ha sostenuto la necessità di procedere con l’indipendenza formale di Taiwan, con la recisione di ogni legame da Pechino. Ma poi i timori che le sue politiche potessero essere interpretate come un passo verso la guerra, la paura che potessero costargli il successo nelle urne, lo hanno convinto a sfumare le sue posizioni. Oggi Lai è il candidato per il mantenimento dello status quo, quello che racconta di una convivenza forzata, complicata, ma anche di una “indipendenza de facto” per Taipei. Chi vota per lui sceglie la vita com’è ora. Il rischio è uno: nella mente dei taiwanesi non esiste soltanto la minaccia cinese. E poi c’è il fatto che il DPP giochi anche contro le statistiche. Le due precedenti presidenziali sono state entrambe vinte dalla sua esponente di punta, Tsai Ing-wen, fuori dai giochi per avere raggiunto il limite dei mandati. Ma mai nessun partito ha vinto tre volte di fila. Lai sarà capace di infrangere questo tabù?

KUOMINTANG (KMT) – Il candidato presidente è Hou Yu-ih, rappresentante dei nazionalisti cinesi, ex sindaco di Nuova Taipei, un passato da poliziotto che ha reso molto credibili le sue promesse in materia di “legge e ordine”. La sua è stata una campagna elettorale di grande efficacia e scaltrezza. I sondaggi dicono che la scelta del suo messaggio, la capacità di presentare queste elezioni come un bivio tra pace (in caso di vittoria del Kuomintang) e guerra (in presenza di un successo di Lai), gli abbiano consentito di rosicchiare punti importanti nei confronti del candidato del partito al governo. A differenza di quanto fatto in precedenza dalla presidente Tsai, l’esponente del Kuomintang non ha disconosciuto il Consenso del 1992, il tacito accordo stretto fra Taipei e Pechino sull’esistenza di “una sola Cina“, sebbene ognuna delle parti in causa dia alla definizione in questione una diversa sfumatura. Pochi dubbi però su un fatto: Xi Jinping saluterebbe con favore una vittoria di Hou. La Cina sarebbe più vicina.

PARTITO POPOLARE DI TAIWAN (TPP) – Ecco il “Terzo Polo” di Taiwan. A rappresentarlo è Ko Wen-je, il candidato presidente che nella sua avventura politica ha deciso di fare tesoro della sua vita precedente: quella da chirurgo. La sua campagna elettorale ha avuto lo stesso livello di precisione ricercata sul tavolo operatorio. Obiettivo insinuarsi fra le contraddizioni dei due partiti principali, tentare di estirpare il bipolarismo tra DPP e Kuomintang. I sondaggi pubblicati prima del blackout stabilito dalla legge, a 10 giorni dal voto, dicono che difficilmente riuscirà ad issarsi fino al secondo posto. Ma è probabile che il suo risultato farà da ago della bilancia per la vittoria di Lai o di Hou. La grande incognita è legata al fatto che Ko, ex sindaco di Taipei, molto amato dai giovani, è stato in passato molto vicino al DPP, ma è oggi più orientato ad appoggiare la politica filo-cinese del Kuomintang. Quesito di giornata: a chi ruberà di più?

SONDAGGI E SISTEMA ELETTORALE

Secondo la media dei sondaggi fornita da Economist, al momento Lai è con il 36% di poco in vantaggio su Hou (31%). Ko insegue al 24%. Si tratta di dati aggiornati al 1° gennaio, passibili dunque di essere smentiti.

Il sistema elettorale taiwanese per le presidenziali è molto semplice: gli elettori votano per un ticket (presidente + vice). Vince chi prende più voti, indipendentemente dall’affluenza e dalla percentuale di consensi ottenuta. Nel 2020 Tsai si impose con il 57,1% contro il 38,6% del candidato del Kuomintang.

Oltre alle presidenziali si voterà anche per rinnovare il parlamento, anche noto come Yuan Legislativo. Il risultato è importante perché il rischio, soprattutto con numeri così ravvicinati, è quello di un presidente che si trasforma in “anatra zoppa”.

In palio ci sono 113 seggi: 73 vengono assegnati con il maggioritario (vince chi prende un voto in più), 6 sono riservati ai candidati delle popolazioni indigene, gli altri 34 vengono distribuiti con metodo proporzionale (soglia di sbarramento al 5%). Quattro anni fa il DPP di Tsai ottenne la maggioranza semplice per 4 seggi.

Tra minacce verbali, sconfinamenti dal mare e dal cielo, diffusione di fake news, le interferenze di Pechino nella campagna elettorale sono state importanti. Sintomo evidente della frustrazione di Xi, del peso attribuito dalla Cina al voto odierno.

Ma adesso il futuro è in mano alla gente di Taiwan, al popolo di quell’Isola che ancora c’è.

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