Nikki Haley e la campagna (im)possibile. Dentro la strategia per rimontare Trump in South Carolina e riaprire le Primarie Repubblicane
La notte in cui manca il successo al primo turno per una manciata di voti, alle primarie Repubblicane per il ruolo di governatore nel suo South Carolina, per una volta Nikki Haley non regge il colpo. Arrivati i risultati a lungo temuti, così tanto attesi, la giovane donna di Bamberg si chiude in bagno, decisa a uscirne chissà quando. Possibilmente mai.
Come una bambina che infila la testa sotto il cuscino per non sentire i genitori litigare nella stanza vicina, ora Haley chiede solo che questa lunga campagna elettorale abbia fine. Non pensa di poter sopravvivere ad altre due settimane così. E va bene che la politica nella Carolina del Sud è nota per essere a prova di gente d’acciaio, ma questa lotta nel fango è troppo dura pure per lei. La accusano di aver tradito suo marito più volte. La dipingono come una “facile“. Alternano attacchi sessisti ad altri di stampo razzista.
Vale davvero la pena di continuare?
È sua madre a venirle in soccorso, a dirle di uscire da quella maledetta stanza, e poi di alzare il mento, di sfoggiare uno dei suoi luminosi sorrisi. Là fuori non attendono che lei: “Nik-ki, Nik-ki, Nik-ki!“. Può quasi sentirli nell’atto di scandire il suo nome. E non può sottrarsi. Si è spinta troppo oltre per pensare di fermarsi adesso. Ha chiesto alla sua famiglia di resistere, di avere fiducia, di credere nella sua parola. Pochi minuti soltanto. Non troppi. Lo stretto indispensabile. Ed eccola di nuovo in mezzo alla folla. Pronta per ripartire. A vincere, due settimane più tardi.
Adesso, a quasi quindici anni dalla notte che segnò il suo inizio, è in mezzo alla sua gente che Haley cerca di scacciare lo spettro della fine. Nel Partito Repubblicano, subito dopo il secondo posto in New Hampshire, c’era chi scommetteva che la notte avrebbe portato consiglio: “Si farà da parte. Domattina ci ripenserà. I candidati lo fanno spesso“. Eppure è nel copione di quella folle campagna elettorale vinta contro ogni pronostico che Haley scorge il segreto di una rimonta (quasi) impossibile.
I suoi strateghi sono sicuri: c’è una strada che porta prima alla nomination e poi alla Casa Bianca. Non hanno bisogno di sforzarsi per convincerla. Hanno delineato una linea d’attacco preciso, una tabella di marcia serrata, un piano che dovesse riuscire finirebbe dritto sui manuali di politica. D’altronde chi avesse voluto captare un minimo indizio avrebbe potuto farlo già in agosto, alla Fiera dello Stato dell’Iowa. Sulla maglietta indossata da Haley campeggiava la scritta: “Sottovalutatemi. Sarà divertente“.
Il piano degli strateghi di Haley. I fondi, gli spot tv, gli Stati in bilico. Così vuole battere Trump in South Carolina e ribaltare il corso delle Primarie
Nikki Haley comprende la portata della sfida. Sa bene di essere in ritardo nei confronti di Donald Trump. E che pochi Stati sono più trumpiani del South Carolina. Non sarà il fattore campo a salvarla. Ma è nei panni di underdog che sente di dare il meglio. Crede di poter rimontare. Lo ha già fatto.
Chi la conosce da sempre trova oggi conforto nel calendario. Dal voto in New Hampshire a quello in South Carolina passano 31 giorni. Nel 2010 gliene bastarono 26 per passare dal 3% dei sondaggi alla doppia cifra del successo. “C’è tempo“, continuano a ripetere i suoi, “un mese in politica è un’eternità“. Ed è vero, chi può negarlo? Ma non sarà una campagna secondo i canoni a consentirle di recuperare i circa 30 punti di ritardo che la separano da Trump. Serve qualcosa di più vicino ad un miracolo politico per guadagnare una media di un punto percentuale al giorno.
Haley ha bisogno di portare The Donald nella sua rete. È per questo c…