6 Maggio 2024

Scenari di una “rivoluzione”. Come e in quali casi le proteste in Georgia potrebbero evolversi in un “regime change”: i fattori decisivi

Che in Georgia qualcosa di grosso stia bollendo in pentola, gli osservatori più attenti lo intuiscono la notte che precede quella di San Silvestro. È allora che Bidzina Ivanishvili annuncia il suo (ennesimo) ritorno nell’agone. L’oligarca più potente del Paese, il fondatore del partito al governo, Sogno Georgiano, l’uomo che ha costruito le proprie fortune in Russia, si dice a parole enormemente dispiaciuto di essere costretto a riprendere in mano le redini del Paese. Eppure a imporre la sua presenza, spiega affranto, è la “complicata situazione geopolitica” di Tbilisi: che i georgiani lo vogliano oppure no, toccherà a lui tracciare la rotta. Già in quelle ore è un suo vecchio alleato, nel frattempo divenutone oppositore, a riassumere la visione del mondo di Ivanishvili: “Sarà il primo ministro di un primo ministro, il presidente di un presidente“. Non si sbaglia.

Così non sorprende che pochi giorni fa, alla contro-manifestazione organizzata per mostrare al mondo che non tutti i georgiani sono contrari alla “legge russa” sugli agenti stranieri, a monopolizzare la scena sia lui: avete capito, Bidzina Ivanishvili.

Il suo discorso segna un prima e un dopo per la Georgia. Sono almeno cinque gli elementi di grande interesse.

  • Ivanishvili abbraccia una retorica espressamente anti-occidentale, strizza l’occhio a Mosca, che pure controlla ancora il 20% del territorio georgiano:Nel 2008 – attacca Ivanishvili – gli esponenti del Partito della Guerra Globale hanno fatto entrare la Georgia in un confronto con la Russia. E nel 2014 e nel 2022 hanno messo l’Ucraina in una situazione ancora più difficile“.
  • Ivanishvili indica nell’Occidente lo sponsor delle proteste anti-governative: “L’opinione pubblica si chiede spesso: perché chi è all’estero combatte con tanto fervore contro la trasparenza delle ong? (…) La verità assoluta è che il finanziamento non trasparente delle ong è lo strumento principale con cui si possono nominare le autorità della Georgia dall’estero. L’obiettivo è che la Georgia non sia governata da autorità elette dal popolo, ma da ‘pipistrelli’ (…) nominati dall’esterno”.
  • Ivanishvili ammette che dietro la scelta di ripresentare il controverso disegno di legge di ispirazione russa c’è un calcolo politico preciso. La scommessa di Ivanishvili è che la forza propulsiva delle proteste si esaurirà con il passare dei giorni, delle settimane, privando l’opposizione della vittoria alle elezioni parlamentari di ottobre:Fare la mossa giusta al momento giusto è l’arte suprema della politica. Il mio passato politico mi permette di affermare che, come leader politico, so calcolare bene queste mosse. L’energia che avrebbero dovuto raccogliere per l’autunno viene ora sprecata prematuramente per strada“.
  • Ivanishvili minaccia gravi punizioni nei confronti del maggiore partito di opposizione. E autorizza di fatto le forze dell’ordine ad attuare una repressione violenta delle proteste: “Molti dei nostri concittadini sono arrabbiati perché nel 2012 non abbiamo punito adeguatamente il Movimento nazionale unito. Alcuni leader del regime hanno scontato lunghe pene. I responsabili degli obiettivi criminali del regime sono stati condannati. Attualmente Mikheil Saakashvili, il principale criminale del regime, sta scontando la sua pena. Purtroppo, però, il processo al Movimento nazionale come singolo gruppo criminale e traditore non ha avuto luogo. (…) Dopo le elezioni, avremo l’opportunità di dare al Movimento nazionale collettivo il duro giudizio politico e legale che merita“.
  • Ivanishvili avvisa: astenersi da qualsivoglia tentativo di regime change, siamo preparati a tutto, chi spera di disarcionare il governo fallirà: “La Georgia di oggi non è né la Georgia di Eduard Shevardnadze né l’Ucraina di Viktor Yanukovych. Oggi la Georgia è governata da un gruppo forte e unito di professionisti che conoscono il valore della patria, della sua indipendenza e della sua sovranità. Pertanto, è impossibile per il Movimento nazionale unito, che ha un tasso di sostegno pari a zero, e per le ong provocare un cambiamento di governo in Georgia oggi“.

Breve promemoria: qual è, l’oggetto del contendere? Un disegno di legge che, se approvato, costringerebbe le ONG, i media e i gruppi elettorali che ricevono più del 20% dei loro finanziamenti dall’estero a registrarsi come “Organizzazione che persegue gli interessi di una potenza straniera“. Il governo georgiano avrebbe modo di controllare in maniera invasiva l’operato delle entità considerate nemiche. Il rifiuto di iscrizione nel registro comporterebbe multe salatissime, pensate per costringere alla chiusura delle attività o all’esilio delle stesse.

Come e in quali casi le proteste in Georgia potrebbero evolversi in un “regime change”: i fattori decisivi

A differenza di altri contesti, le mosse dell’Unione Europea sembrano potenzialmente in grado di alterare la traiettoria dello scenario politico (e delle proteste) in Georgia. Partiamo da questo dato: i sondaggi più recenti attribuiscono alla popolazione georgiana una schiacciante preferenza per un futuro di integrazione europea (l’86% è favorevole all’ingresso nell’UE). La percentuale potrebbe essere “viziata” dal fatto che formalmente anche “Sogno Georgiano” si dice favorevole all’entrata nell’Unione, ma è opinione diffusa che la maggioranza della popolazione sia sinceramente convinta dell’importanza di un futuro europeo.

Queste condizioni di partenza attribuiscono a Bruxelles un’importante leva negoziale nei rapporti con Tbilisi. Ma, notizia, poco sorprendente, nonostante le proteste e nonostante le repressioni violente dei manifestanti, questa leva non è stata ancora azionata a dovere.

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