Novembre 8, 2021

Progressista ma non troppo. Qual è la poltrona che impedisce a Conte di allearsi col Pd in Europa

Non gli basta la definizione ormai consegnata alla storia di “punto fortissimo di riferimento di tutte le forze progressiste“. E neanche il fatto di essere stato ospite d’onore alla grande festa di compleanno del guru dem, dello stratega infallibile Goffredo Bettini. No, Giuseppe Conte proprio non ce la fa a costruire un’alleanza strutturale con il Partito Democratico. E se non ci riesce in Italia, figurarsi in Europa.

Quell’Unione Europea a cui Conte guarda con malcelata nostalgia dà l’esatta dimensione della debolezza della leadership dell’avvocato. Già, perché l’UE è agli occhi di Conte non il terreno comune su cui costruire il domani dei nostri figli, quanto il palcoscenico in cui si è esibito accanto agli altri leader europei “con straordinari risultati e combattendo come un leone per il mio Paese“, come non manca di ricordare ogni volta che ne ha l’occasione anche privatamente.

Eppure adesso che quella fase si è chiusa, adesso che c’è da badare al sodo, e cioè su quale collocazione attribuire al Movimento 5 Stelle, Giuseppe Conte non sa cosa fare. Sì, è vero che da mesi ha ormai avuto inizio una trattativa per l’ingresso nel gruppo del PSE. La soluzione è stata caldeggiata pubblicamente qualche giorno fa anche da Luigi Di Maio, e forse anche questo ha contribuito a renderla più complicata, visto che Conte non ama che l’ex capo politico si renda protagonista di fughe in avanti rispetto alla linea del partito.

Ma il punto qui è un altro: è che Conte, dopo aver subito l’onta di non riuscire ad eleggere neanche il suo capogruppo in Senato, teme fortemente una ribellione dell’ala che non ne ha mai accettato la nomina a presidente del partito.

Tutto ruota attorno ad una poltrona: quella di vicepresidente del parlamento europeo del 5 Stelle Fabio Massimo Castaldo. Riuscire ad ottenere quella carica, per un partito come il M5s non iscritto ad alcun gruppo, fu un’impresa che non può essere sminuita. Ecco: il fatto è che in Europa tutte le cariche si azzerano e si rinnovano a metà legislatura, nel caso specifico a gennaio 2022. Peccato che entro dicembre Conte debba dire cosa vuol fare del Movimento in Europa: se vuole allearsi realmente con i socialisti europei o intende continuare a restare nel limbo del misto, nell’ignavia di una non-scelta.

E qui si inseriscono le difficoltà di Conte, le paure di subire gli attacchi veementi della minoranza interna. L’avvocato teme infatti che in caso di mancata riconferma di Castaldo, proprio l’ingresso nel PSE verrebbe usato da chi lo odia come argomento per metterne in discussione la leadership: “Non hai saputo tutelare gli interessi del Movimento 5 Stelle, ti sei fatto “fregare” dal Pd e dai suoi alleati europei“, gli direbbero.

Per questo Giuseppe Conte ancora esita, frena, fa un passo avanti ma poi un paio indietro: perché sta cercando di capire se quella poltrona sia più facile riottenerla da dentro o da fuori il PSE.

Grandi ideali, “onestà onestà”, alleanze strategiche, visione sul lungo periodo: sì, ma alla fine tutto si riduce sempre ad una poltrona.

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