Aprile 8, 2020

(N)Eurogruppo

Abbiamo un Presidente del Consiglio che in queste settimane ha più volte chiamato in causa la Storia come metro per misurare la portata delle sue azioni. Lo abbiamo visto citare “l’ora più buia” di Winston Churchill, purtroppo senza esserlo. E lo abbiamo anche sentito invocare a protezione delle sue decisioni il manzoniano “del senno di poi son piene le fosse“. Siamo nell’evidente tentativo di costruire una narrazione di nuovo statista al governo. Ma al di là della retorica, del ben parlare, della rassicurante compostezza da papà degli italiani, mancano i fatti: non un dettaglio per un premier.

Siamo stati dalla parte di Conte nella serata in cui una fonte (la solita) ben informata sull’andamento delle trattative con l’Europa ha descritto la fermezza del Presidente del Consiglio nel tenere il punto sulla necessità di istituire i Coronabond per fronteggiare la crisi. Abbiamo detto a chiare lettere, a riprova del fatto che su questo blog si giudica la cronaca senza partito preso, che eravamo contenti – da europeisti delusi – che qualcuno si richiamasse ai veri valori europei di solidarietà, reciproco sostegno, condivisione del rischio. Abbiamo applaudito all’ultimatum contiano: erano inizialmente dieci giorni, poi nel giro di qualche ora sono diventati 14. Abbiamo detto: va bene lo stesso, poi basta. Poi tanti saluti. Davvero, “facciamo da soli“.

Nel frattempo abbiamo assistito ad una conferenza stampa in prime time in cui si è annunciata una “potenza di fuoco” senza precedenti per sostenere le imprese. Sono trascorsi due giorni. E ciò che circola è ancora una bozza di decreto, nulla di definitivo. Prima la tv, poi la legge. Ma anche così, con informazioni sommarie, siamo in grado di dire che 400 miliardi di garanzie (beninteso, non di liquidità) sono una pezza che non riempie il buco, la voragine, di un’economia che nei prossimi mesi risucchierà milioni di italiani.

Di nuovo: non siamo di parte, ci è capitato di lodare e criticare tutti i protagonisti della politica interna in questi mesi. Giudichiamo i fatti. E i fatti dicono che le misure fin qui ideate dal governo sono insufficienti. L’unica ricetta applicabile per salvare il lavoro e i lavoratori era quella che lo Stato si indebitasse per i suoi cittadini. Lo ha spiegato bene Mario Draghi. L’Italia sceglie una scorciatoia, l’esatto opposto di quanto indicato da Super Mario: chiede alle imprese di indebitarsi. Garantendo fino ad un certo punto, chiedendo addirittura interessi fino ad un certo punto, preoccupandosi dunque fino ad un certo punto di ciò che succederà dopo.

Chi segue questo blog dai suoi albori conosce la scarsa simpatia nutrita nei confronti di Donald Trump. Ma le misure economiche varate dal Congresso americano sono ad oggi le uniche veramente all’altezza di questa crisi. Non volete chiamarlo helicopter money? Scegliete pure un’altra formula. Dite che non abbiamo le risorse dell’America? Avete ragione. Ma in proporzione abbiamo disponibilità per dare liquidità, soldi veri, a famiglie e imprese che per mesi, pur riaprendo gradualmente le varie attività in giro per il Paese, faranno una fatica immane ad ingranare.

In questo quadro deprimente si aggiungono le trattative senza costrutto dell’Eurogruppo. Con i ministri delle Finanze del Nord Europa sempre con la calcolatrice in mano, ridotti a contabili piuttosto che a politici di visione. Sembra assurdo, per chi come noi ha oltrepassato la porta che dà sul nuovo mondo post-Coronavirus, pensare che non ci sia la sensibilità per comprendere la portata di questa sfida, l’importanza di trovare una soluzione comune. Roba da pazzi. (N)Eurogruppo.

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